mercoledì 8 dicembre 2010

Storie di un'annata ai piedi del Taburno: l'aglianico del millesimo 2001

Siamo qui a parlarne e già questa è una vittoria.

Ce lo siamo detti a cose fatte, al termine di una giornata trascorsa insieme, ospiti di Giuseppe in quel di Torrecuso, dopo qualche tempo che non ci si vedeva. Un'occasione nata fondamentalmente per gioco e per piacere; chi, invece, ha fatto sul serio è stata Teresa: il pranzetto preparatoci era sontuoso.

Le bottiglie di aglianico del taburno
Che poi sul tavolo siano finite bottiglie delle più disparate provenienze, quello è un altro discorso e ci può comunque stare. L'obiettivo più o meno dichiarato era uno: vedere che effetto fa il tempo sull'aglianico, valutando lo stato di forma di 4 aglianico. Del Taburno, mica altro.

Quelli scelti da Giuseppe erano 4 vini "base" prodotti da altrettante aziende del territorio. Il risultato, come accennavo all'inizio, è stato sorprendente e ha dimostrato una volta di più, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, che l'aglianico del taburno è vino scontroso ma allo stesso tempo generoso, ruvido sulle prime ma via via più "educato", impavido e sfrontato.

Sia chiaro: nessuna presunzione di averci capito qualcosa. Un'annata come la 2001, pur già lodata dalla critica come una delle migliori degli ultimi tempi, non può riassumersi in quattro bocce.

Aglianico del Taburno 2001, Il Poggio
Aglianico del Taburno 2001, Il Poggio 
Il colore ha tutto sommato retto anche se nel calice non è proprio pulitissimo. L'impatto olfattivo è potente ma manca un po' di eleganza. Si avvertono sensazioni di prugna cotta e di frutta decisamente matura, a tratti troppo, una speziatura di radice di liquirizia e l'aroma inconfondibile dei chicchi di caffè. Al palato, ti accorgi subito che l'acidità è ridotta all'osso e ti ritrovi sensazioni poco definite e di una certa stanchezza. Anche per questo, saresti propenso per l'idea di un vino che ha fatto il suo tempo, giunto - ormai - al di là delle sue reali potenzialità evolutive.

Aglianico del Taburno "Fidelis" 2001, Cantina del Taburno
Aglianico del Taburno "Fidelis" 2001, Cantina del Taburno
Non un grandissima intensità al naso ma, comunque, una sensazione generale di maggiore freschezza rispetto alla precedente etichetta. Lo suggerisce già il colore rubino, di buona trasparenza. Il bouquet di profumi non ha chissà quale complessità ma si propone con fare elegante: prima la frutta (prugna e ciliegia), poi le spezie e il caffè, con quest'ultimo che rimane il protagonista del finale di bocca. Il sorso è piuttosto morbido anche per l'assottigliarsi della freschezza; la discreta salinità gli conferisce una buona piacevolezza. Il tannino è soffice: tanto morbido che alla cieca quasi non penseresti a un aglianico in purezza (come è dichiarato, invece, sulla retro-etichetta), proprio per la poca esuberanza dei tannini che è un po' il marchio a fuoco dei vini ottenuti da queste uve.

Aglianico del Taburno 2001, Fontanavecchia
Aglianico del Taburno 2001, Fontanavecchia
Se il buongiorno si vede dal mattino, dicono. Ecco, qui il buongiorno si vede dal colore: rubino, luminoso, godurioso; e in più, nel calice è perfettamente pulito. Le aspettative di un vino straordinariamente integro diventano ben presto realtà. Al naso ha grande eleganza, profuma di prugne e more di rovo, di sottobosco bagnato, di caffè. Le sensazioni saline che si percepiscono già all'olfatto ricompaiono in bocca, dove si concede con grande naturalezza, complice il buon bagaglio di freschezza che gli consentirà, credo, di sfidare il tempo ancora per un po'. Chiude lungo in bocca sui piccoli frutti neri, con una chiara impronta terrosa, una nota balsamica di eucalipto e aromi di bacche di ginepro.

Aglianico del Taburno 2001, Fattoria La Rivolta
Aglianico del Taburno 2001, Fattoria La Rivolta
Già a scrutare il colore, leggermente più opaco del precedente e virato verso le tonalità del granato, ci si aspetterebbe una maggiore evoluzione dei profumi e della beva. Cosa di cui, in effetti, trovi conferma poco dopo. Al naso, una leggera puzzettina si insinua ancor prima della nota alcolica; con il tempo si assesta, anche se non del tutto, mostrando una bella complessità di profumi: confettura di frutta e prugna cotta, radice di liquirizia, tartufo e caffè. In bocca sembra essere leggermente ridotto; l'alcool c'è e si sente, il sorso è pieno e non smentisce il quadro delle sensazioni olfattive. L'impressione è che sia più "avanti" al naso di quanto non lo sia in bocca. Soprattutto, è il vino più ostico della batteria.

Starete pensando: che fine ha fatto il quinto vino che si vede nella foto? Era una riserva, inutile parlarne adesso, ma ve lo racconterò presto.

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