giovedì 8 ottobre 2009

“Braide Alte” 2006, I.G.T. delle Venezie, Aziende Agricole Livon

In tutta onestà, non ho mai avuto un grande feeling con i vini bianchi “passati” in legno. Ma il “Braide Alte” 2006 è certamente uno di quelli – non moltissimi, per la verità - che più mi ha dato soddisfazione, sin dal primo assaggio ai SuperWhites 2009 (leggi qui). Tant’è che non ho perso tempo e me ne sono procurato subito un’altra bottiglia per godermela con più calma. Come nella migliore tradizione friulana, il “Braide Alte” è un uvaggio di chardonnay, sauvignon, moscato giallo e picolit (in piccola parte); tutte uve provenienti dal vigneto omonimo (nel dialetto friulano, il termine "braida" indica il podere annesso alla casa che viene coltivato a viti, alberi da frutto o ortaggi), situato in località Ruttars di Dolegna del Collio. Dopo la vendemmia (condotta a mano), le uve vengono sottoposte ad una breve crio-macerazione con successiva decantazione del mosto. La fermentazione avviene a temperatura controllata (circa 14-16°C) in barriques di rovere di Allier; lì il mosto rimane a maturare per altri 8 mesi, sempre a temperatura costante, prima dell'assemblaggio definitivo, cui segue l’imbottigliamento e un periodo di affinamento di 12 mesi. Nel bicchiere, ruota con la stessa eleganza che caratterizza anche il luminoso colore giallo paglierino e i profumi, intensi e di grande complessità: susina e mela matura, fiori bianchi e gialli, erbe officinali, lavanda, uva passa e fichi, amaretto e vaniglia. Appunto, vaniglia: il legno c’è, e si sente, ma esalta e non sovrasta. Come inizio, niente male! Pregusto al palato un vino morbido, strutturato e con un’accesa componente alcolica. Detto fatto: l’ingresso è sinuoso e burroso, esattamente come le sfumature del legno già percepite al naso e che ritrovo qui puntualmente. Il sorso è secco, forse appena appena abboccato. L’alcol non passa inosservato ma è ben bilanciato da una dose minima di freschezza che ancora c’è e da un'ottima sapidità. Se proprio devo trovare un difetto, ecco, sembra meno coerente che all’olfatto. La persistenza è di quelle che durano un bel po’, eco dei ricordi di fiori e di frutta disidratata. Niente da dire: è un vino armonico ed equilibrato, pronto, con prospettive di un discreto affinamento in bottiglia. Da bersi, credo, nel giro di due o al massimo tre anni. Le esatte proporzioni del blend non le conosco, né sono indicate sul sito. Ho capito, sì! La percentuale di picolit sarà pure minima; ma mi riesce comunque difficile pensare ad una vinificazione che non sia quella tradizionale in purezza di un'uva così scarsamente produttiva (a causa, o forse è più giusto dire, grazie a quell'aborto floreale che ne è la peculiarità), dalla cui lavorazione si ricava un numero limitatissimo di bottiglie di un nettare pregiato e lucente, unico al mondo. Ricordo anche l’ottimo formaggio Montasio D.O.P. (vai al sito), stagionato 2 mesi, gustato sempre lì, ai SuperWhites 2009. Che altro dire?! Non mi rimane che aspettarli ancora a Milano (i SuperWhites, dico...) oppure spendere 25-30 euro per una bottiglia. O forse, meglio ancora, fare una puntatina in Friuli: al più presto!

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