martedì 12 maggio 2009

La vitovska dell'azienda agricola Zidarich

Vitigno autoctono della Slovenia (pare sia originario di Vitolje, località da cui avrebbe derivato il nome), la vitovska è stata sempre utilizzata in uvaggio con la malvasia istriana e gli altri vitigni tipici (autoctoni e alloctoni) del Friuli. Soltanto di recente, alcuni coraggiosi viticoltori del Carso hanno cominciato a vinificarla in purezza; e con ottimi risultati!
Tra questi, Benjamin Zidarich, al timone dell’azienda di famiglia che si trova nel Comune di Duino Aurisina, in provincia di Trieste. Il vigneto di vitovska è situato in località Prepotto, ad un’altitudine di circa 260-280 metri s.l.m. ed esposto a sud-est. Alta densità di impianto (tra gli 8000 e i 1000 ceppi per ettaro), sistema di allevamento prevalentemente a guyot, con 4-5 gemme al massimo per pianta ed una resa complessiva che non supera i 50 quintali per ettaro. Le uve - giunta a completa maturazione tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre – vengono raccolte manualmente e riposte con cura in piccole cassette; diraspatura soffice, fermentazione e macerazione sulle bucce in tini aperti con più follature giornaliere, a temperatura non controllata e con l’utilizzo di lieviti autoctoni, senza filtrazioni, stabilizzazioni e chiarificazioni di alcun tipo.
Non vi nascondo che il primo impatto (ai SuperWhites 2009, il 4 maggio scorso a Milano) era stato tutt’altro che esaltante: uno strano colore giallo paglierino, scarico, né brillante né cristallino, assolutamente non limpido; un ingresso al palato francamente spigoloso.
Perplessità dinanzi alle quali Benjamin Zidarich non si era mostrato affatto a disagio. Sicuro di avere in bottiglia un vino vero, mi aveva invitato ad abbandonarmi ancora e senza indugio ad un altro sorso. E così facendo, mi ero lasciato avvolgere dalle eleganti note di pera, dalla predominante mineralità, dalla decisa sapidità e dalla piacevole freschezza: garanzie di grande bevibilità e scioltezza al palato. Un lungo finale metallico, con continui ritorni alla polvere di pietra del Carso, ancor più sorprendente se si pensa che le uve maturano per due anni in botti grandi di rovere di slavonia.
Eh sì, niente da dire: un gran bel vino! Lo azzarderò sul sushi, ma per una volta su quello take away: è già difficile trovarne una bottiglia in Italia, figurarsi nei pur numerosi ristoranti giapponesi di Milano…

2 commenti:

ale ha detto...

A me è piaciuta davvero tanto. E' uno di quei vini bianchi che provano a imitare i rossi e che mi fanno impazzire

Jacopo Cossater ha detto...

Sulla Vitovska ho un debole anche per Kante. Bellissimi vini, bellissimi territori, grandi vignaioli.